Di seguito è riportato un estratto da una comunicazione che avrà "luogo" tra alcuni secoli fra un qualcosa di molto simile ad un insegnante ed un qualcosa di molto simile ad un discepolo. Non è attraverso le parole che avviene questa comunicazione, ma attraverso ultranet ed i suoi protocolli; le modalità ed i tempi sono diverse dall'attuale modo di scambiare informazioni, per comodità ho tradotto il contenuto in una forma a noi più consona.
"Fino a poco più di due secoli fa l'uomo era costretto ad usare degli strumenti, inventati ad hoc, che gli consentissero di creare suoni e melodie. Non mi riferisco agli antiquati computer, ma a strumenti ancora più vecchi che avevano bisogno di particolari abilità manuali per funzionare a dovere, e pensate che solo alcuni riuscivano ad usarli in modo appropriato. A sottolineare questo aspetto basta considerare che a quei tempi c'era una distinzione netta tra il creatore della musica, il cosiddetto compositore e l'esecutore della medesima, il musicista appunto: infatti non erano rare le situazioni in cui il musicista era soltanto colui che suonava lo strumento, senza aver composto le musiche e spesso alcuni fra questi consacravano la propria vita al perfezionamento delle tecniche esecutive, senza comporre nulla di nulla"
"Non so se mi è chiaro questo concetto: questa figura di musicista che lei ci ha descritto può essere paragonata ad un artigiano? Ad un manovale? E come riusciva il compositore a comunicare la sua musica a questo...esecutore? E' così che l'ha chiamato giusto?"
"Sì, esatto, la sua è una domanda appropriata. Dunque in realtà c'è da dire che non sempre il compositore e l'esecutore erano entità distinte, e molto spesso, direi quasi sempre, il compositore aveva una qualche dimestichezza con uno o più strumenti. Comunque, tralasciando queste precisazioni, passo a risponderle: il compositore scriveva attraverso simboli codificati in una sorta di alfabeto, una lingua a tutti gli effetti, le proprie opere. Era molto complicato, però, riuscire a scrivere per tutti gli strumenti allora conosciuti perché, pur essendo questa lingua unica e comune a tutti, diciamo che alcuni particolari cambiavano da strumento a strumento. Noterete subito il carattere limitativo di questo rudimentale procedimento creativo ed infatti prima di riuscire a riportare alla luce le proprie musiche bisognava esercitarsi e studiare, in alcuni casi anche per anni. Attraverso un algoritmo molto famoso conosciuto col nome di 'Would-be Mozart' si è calcolato che dalla comparsa dell'uomo sulla Terra e più precisamente da quando esso ha iniziato a concepire la musica fino agli anni precedenti alla creazione del sistema 'Stockhausen' abbiamo "perso" circa 9 miliardi di musicisti, rendetevi conto: un universo di musica!!!"
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1 commento:
Con questo dialogo immaginario hai scritto ciò che il "far musica" in questi tempi ti suggerisce, ma ciò che mi ha colpito di più è stato questo insegnante del futuro, questo moderno Qfwfq, che non è ancora l'archivio dell'umanità, nè la memoria del tempo: non è solo un mezzo con il quale esprimere la propria riflessione sul "far musica" attualmente, ma è la prospettiva stessa, l'orizzonte d'attesa, una probabilità, una scommessa, un secondo di universo, un secondo che si può leggere e rileggere (se si ha voglia)...
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